martedì 22 marzo 2022

Alcune riflessioni sulla Storia

 

Avvertenza.

Questo articolo può essere considerato a tutti gli effetti una lunga nota a quello precedente

https://umanitapolitica.blogspot.com/2022/03/la-cina-e-vicina.html

di cui si consiglia la lettura.


§


Si potrebbe dire che con la crisi del 2008 la libertà negli USA si è ridotta ancora di più?

E quali cambiamenti ha prodotto nel controllo del sistema del capitale?

Cosa accadrà alla prossima crisi?

Ha un senso cercare le spiegazioni delle crisi del sistema?

Se si comprendono i motivi è possibile intervenire in modo che non si verifichino di nuovo?

E ancora: sarebbero evitabili o hanno carattere deterministico?


Il tipo di risposte possibili danno una prospettiva diversa al problema storico e alla conseguente sua concezione.

Poniamoci ad esempio la domanda: è possibile comprendere il motivo delle crisi economiche e si possono evitare in caso positivo?

Ammettiamo che si siano scoperte le ragioni che le determinano: è possibile evitarle?1

Soffermiamoci solo al “sì” o “no” di quest’ultima domanda.

Se rispondiamo “sì” significa che potremmo intervenire deterministicamente sugli eventi futuri. In che modo? Se le crisi sono prevedibili e viene impedito che si verifichino la storia proseguirà con eventi diversi.

Se rispondiamo “no” significa forse che il futuro non è determinabile?

Dipende.

Se rispondere “no” vuol dire semplicemente che il sistema nel suo complesso non ammette soluzione perché le crisi sono parte costitutiva del sistema stesso concepiamo comunque una storia deterministica. Se non possiamo impedirle significa che il sistema procederà in un modo determinato. In altri termini esiste un qualche tipo di dinamica interna al sistema che non possiamo cambiare.

Se rispondiamo “no” nel senso che non siamo ancora in grado di risolverle non facciamo altro che ritornare al “sì”. Dunque non siamo ancora in grado, ma potremo esserlo in un futuro. Allora la storia è deterministica per gli stessi motivi citati sopra.


Il problema che concerne l’idea che la storia possa essere regolata da leggi [e quindi essere deterministica] se non è spinta all’estremo (storicismo radicale) può avere un qualche tipo di dimostrazione. A mio avviso il problema deve essere interpretato diversamente dall’ammettere che esistano leggi storiche accertabili. O, per dirla con Popper, falsificabili.

La questione che riguarda i processi storici, però, è alquanto diversa. Ed è, a mio avviso, ciò che deve interessare per comprendere la sua possibile evoluzione nel futuro.

Gli uomini nel contesto di determinate condizioni storiche non hanno di fronte a loro infinite possibilità di risoluzione dei conflitti o di qualsiasi altra criticità (comprese crisi economiche o finanziarie). Sono dominati e condizionati da vincoli di varia natura (condizioni economiche, sociali, culturali) e dunque reagiranno a quelle determinazioni in modo simile in base alle effettive possibilità2.

I conflitti sociali per esempio non offrono milioni di modi diversi per essere pacificati (nel caso s’intendano pacificare): il compromesso è l'unico modo, pur potendo essere realizzati con metodi e tempi diversi.

E, ovviamente, non è detto che quel particolare conflitto venga in qualche modo pacificato pur essendovi la volontà di perseguire la pacificazione, ma sapremmo che in determinate condizioni non era stato possibile risolverlo.

L'altro metodo di risoluzione di un conflitto è la repressione, ma la logica non cambia. La repressione determinerà degli effetti futuri che potrebbero essere  di diverso tipo: politici, sociali, economici, ecc..

Non esiste, mi pare, un periodo storico in cui non si siano verificati conflitti, anche se per ragioni diverse. Questi movimenti determinano una tendenza di sviluppo nella storia umana. Non sono leggi storiche, ma processi leggibili e interpretabili attraverso la conoscenza dei fatti. La difficoltà legata all’interpretazione dei fatti non confuta la potenziale capacità di un’interpretazione obiettiva relativa allo sviluppo della cultura storica di quel dato momento.

Dalle lotte ottocentesche per la giornata lavorativa di 12 ore si è giunti allo statuto dei lavoratori non in un solo balzo, bensì passando attraverso diverse fasi. Attraverso un movimento di cui oggi possiamo vederne il dispiegarsi.

Nel riflettere su queste considerazioni mi è balzata in mente una corrispondenza con l’evoluzionismo. Non perché la storia debba essere necessariamente evoluzionistica e non intendo affermare tale concezione. Non soltanto perché non ne ho le competenze e le conoscenze necessarie, ma perché non credo a questa concezione dell’evoluzione umana in senso storico sociale.

Non c’è dubbio in ogni caso che dal punto di vista tecnico, scientifico e delle forze produttive si sia gradualmente passati da uno stadio in cui l’uomo era cacciatore-raccoglitore a costruire il supercomputer Fugako costituito da circa 159.000 server e una capacità di calcolo di oltre 400 milioni di miliardi di operazioni al secondo e in grado di predire gli Tsunami.

Ora, potrebbe essere relativamente vero che le scoperte siano casuali3, ma la casualità si avvera quando esistono le condizioni generali perché le renda possibili.

Perché parlo di evoluzionismo? Si consideri nella stessa misura l’evoluzione che ha portato all’attuale presenza dell’homo sapiens sapiens. La mutazione che ha portato alla sua comparsa sarà sicuramente casuale4, ma poteva prodursi prima dell’esistenza di quella sorta di scimmione bipede che ha popolato la terra in una determinata era storica?

Possiamo pensare che l’essere umano attuale regredisca per mutazione ad un nuovo scimmione bipede?

Allora, nella stessa misura, è possibile in qualche modo predire l’evoluzione dei processi storici?

Sarebbe stato possibile passare [senza fasi intermedie] direttamente dalla forma di economia presente nell’impero romano all’attuale sistema del capitale?

Dunque, ammesso che non esistano leggi storiche, mi pare che la storia umana segua comunque dei processi attraverso i quali è possibile individuare una tendenza nella sua evoluzione.

Trovo assurdo, quanto il pensare che l’attuale essere umano regredisca ad uno stadio scimmiesco, credere che i processi storici possano invertirsi o deviare tanto profondamente da una curva tendenziale al punto di procedere in modo casuale. Il fatto che le civiltà siano passibili di declino (e anche di questo abbiamo nozione) o che possa darsi il caso di una regressione sociale ed economica è un altro discorso. Potrebbe verificarsi una guerra nucleare che sconvolga completamente le condizioni presenti5, oppure l’avverarsi di eventi legati all’economia politica che facciano tornare indietro (in un modo che non sappiamo) le lancette della storia, ma dati eventi non prevedibili la curva tendenziale dei processi non ha ragione di cambiare.

Non è ridurre la Storia a un fatto naturale, ma la possibilità di predire la tendenza di un processo attraverso gli eventi che si sono succeduti nel tempo: riconoscere che esistono diverse fasi che non fanno balzi secolari. In linea generale mai avvenuti nella Storia oppure la storia che conosciamo è tutta falsa. Ipotesi a cui non è possibile credere.

Mi sembra lecito chiedersi: un supercomputer come Fugako potrebbe predire attraverso modelli matematici non solo il corso della storia entro certi limiti temporali, ma anche particolari eventi politici e sociali catastrofici?

Potrebbe essere inutile, forse, puntualizzare, dato il fine ristrettissimo di queste riflessioni, che la storiografia evenemenziale6 è di certo utile e importante, ma difficilmente porta alla luce l’insieme del movimento storico sottostante che può procedere in modo invisibile in un lungo arco di tempo.

Ciò che oggi ci appare estremamente dilatato e increspato tra due/tre secoli potrebbe apparici chiaramente attraversato da una curva la cui inclinazione non era manifesta.

La questione è: può essere intercettata quella curva?

Se “sì” in qualche modo la storia ha un corso deterministico se “no” la storia è del tutto caotica.

Pensare la storia per processi non è l’inveramento dello storicismo radicale.

Il prosieguo lo lascio al lettore.


1 Qui forse è opportuno fare una precisazione. Capire le ragioni delle crisi economiche periodiche del capitale non significa poterle evitare. Potrebbe essere possibile capirne le cause, ma non per forza potrebbero essere evitabili, e i motivi sono molti. Le crisi possono presentarsi con anticipo rispetto alla previsione oppure le condizioni reali-materiali potrebbero impedirne la risoluzione.

4 E non dimentico certo gli sviluppi della teoria dell’evoluzione di Darwin fino all’attuale teoria dell’evoluzione punteggiata.

5 Mentre scrivo la guerra in Ucraina è ancora in corso. Sono 10 milioni i cittadini fuggiti dalle loro case secondo TG24Sky. Si potrebbe avere la percezione che questa evento (sicuramente tragico) possa in qualche modo cambiare la storia. In realtà sono passati sotto i nostri occhi eventi altrettanto violenti e dolorosi soprattutto in medio oriente, ma agli occhi di qualcuno possono essere sfuggiti. Non penso sarà la guerra di Putin a cambiare il corso della storia: Gli effetti si vedranno negli equilibri internazionali e nelle strategie geopolitiche, come sempre, ma non intaccheranno il sistema del capitale che storicamente è ciò che conta in questo periodo storico.

domenica 20 marzo 2022

La Cina è vicina?

 

Passati ormai diversi anni i “quaderni rossi” di Mario Tronti1 (e Panzieri, ma scomparso da un po’) sono sbiaditi dal tempo e dalla luce del neo-liberismo. Oggi il loro colore è arancione (come le rivoluzioni colorate in linea con il cosiddetto post-industrialismo) e a volte talmente stinti che potrebbero prendere il titolo di “quaderni gialli” come la ex democrazia cristiana.

Parlare di post-industrialismo, come se esistesse, associato all’assenza di operai e riempiendo le piazze di moltitudini di persone tutto appare naturale e spontaneo.

Pensare come naturale l’ordine sociale permette al sistema omologante del dominio capitalistico sia sulle menti che sui corpi di creare nel pensare del singolo individuo un agire libero e indipendente.

La mente s’illude che le scelte concrete siano attuazione del proprio pensare libero e soggettivo ipostatizzando la reale dipendenza dal concreto modo di produzione. Solo in questo modo l’individuo si concepisce in quanto soggettività autonoma. E in tal senso il sistema del capitale non ha necessità di attuare in larga parte forme di comando autoritarie2. Il fatto stesso di pensare l’ordine sociale esistente legittimo e connaturato alla struttura del consorzio umano separa l’idea dell’ordine sociale dal modo di produzione rendendo il modo stesso di produzione come accidentale rispetto ai rapporti sociali e alla sovrastruttura del capitale.

In questo senso anche l’operare del lavoro mentale insito nei nuovi processi produttivi che prevedono la realizzazione demandata ai cosiddetti digital workers (si veda ad esempio il crowdwork3) viene percepito e trasferito su un piano astratto mascherando il lavoro concreto nella sfera del general intellect già individuato da Marx.

Posto sul piano sociale il concetto potrebbe essere esteso ed integrato dalle seguenti considerazioni di Milanovic in Capitalismo contro Capitalismo.

Trattando il tema dell’allineamento degli obiettivi dell’individuo con quelli del sistema l’autore sostiene che:


Secondo i più convinti sostenitori del capitalismo, questo risultato scaturisce dalla sua «naturalezza», ossia il fatto che rifletterebbe alla perfezione la nostra natura innata, vale a dire il desiderio di commerciare, di guadagnare, di migliorare la nostra condizione economica e di condurre una vita più comoda. Ma non credo, al di là di alcune funzioni primarie, che sia coretto parlare di desideri innati come se esistessero indipendente dalle società in cui viviamo. Molti di questi desideri sono il prodotto della socializzazione all’interno delle nostre società, e in questo caso all’interno delle società capitaliste, che sono le uniche esistenti.

[Capitalismo contro capitalismo. La sfida che deciderà il nostro futuro. - Di Branko Milanovic · 2020 Editori Laterza]


Facciamo un passo indietro.

Il rapporto servo/padrone dissimulava l’asservimento del lavoratore nella falsa percezione di detenere i mezzi di produzione e di progettualità del proprio lavoro. Lo sfruttamento veniva da questi percepito soltanto attraverso la pretesa del signore-padrone di appropriarsi con le corvèes di una parte del suo lavoro.

Con il sorgere del proletariato come soggetto di trasformazione l’operaio prendeva coscienza della sua alienazione dal lavoro attraverso la sostituzione della forza-lavoro per mezzo delle macchine, tale fenomeno rendeva manifesta l’appropriazione della restante produzione lasciando all’operaio la sola capacità economica di riprodursi.

Molto brevemente si può dire che la condizione di sfruttamento4 a cui è sottoposto il lavoratore divenne chiara nel passaggio da servo a lavoratore giuridicamente libero.

Giuridicamente libero, ma costretto al lavoro per un padrone che realizza capitale pagando soltanto una parte della ricchezza prodotta dalla forza-lavoro.

Ora, il problema attuale è complicato, come ho accennato inizialmente, dal massiccio impiego di lavoratori nella produzione per mezzo di strumenti informatici e digitali.

Cosa potrebbe accadere in futuro?

Quando la Cina avrà raggiunto la capacità di influenzare le dinamiche politiche dell’occidente in particolare quelle europee si sentirà dire dagli ideologi americani, in contraddizione a ciò che stato propagandato sino ad ora, che bisogna fermare la globalizzazione perché è inconciliabile con la libertà. Le reazioni e le resistenze alla “nuova via della seta” sono già dei sintomi.

Per fermare la disfatta del dominio del capitale liberal-democratico l’imperialismo americano sarà costretto a ridistribuire la ricchezza verso il basso per creare quello che Milanovic chiama capitalismo del popolo. Redistribuire il reddito verso il basso permette di espandere i consumi. Questa condizione potrebbe essere raggiunta riducendo le ore di lavoro per assorbire la disoccupazione che sarà desinata a crescere a causa del massiccio impiego di strumenti digitali e tecnologici. Se la ricchezza di capitale resta in mano a pochi genera conservatorismo.

Potrebbe darsi il caso che la Politica cinese di fronte all’indebolimento dell’imperialismo americano e dunque del capitale, che si regge su strutture politiche liberali e sulla democrazia borghese, allenti l’assetto autoritario al contrario di quanto sarebbe costretto a fare il capitale occidentale in generale per controllare le disuguaglianze che già oggi si sono imposte attirando l’attenzione di economisti e ideologi (Think Tank). 5

Poiché le differenze di reddito tra classi sociali in Cina in futuro potrebbero essere livellate rispetto a oggi il capitalismo statale (o politico come viene definito da Milanovic) cinese potrebbe diventare un modello da seguire.

D’altronde è in atto a livello internazionale una severa critica al capitalismo neoliberista ormai da diversi anni da parte di ideologi e analisti sostenitori del capitale come unico sistema non solo economico, ma anche sociale ed esistenziale.

Già nel 1998 Edward Luttwak parlava di turbocapitalismo e citare anche una brevissima bibliografia sul tema richiederebbe parecchio spazio. E’ sufficiente dire che un numero enorme di economisti di fama mondiale in seguito alla crisi finanziaria del 2008, che aveva mostrato palesemente al mondo intero la debolezza del modello neoliberista, sembra fare a gare per ricercare le migliori critiche al sistema evidentemente con lo scopo di salvarlo dalla prossima crisi che potrebbe segnarne il tracollo. Ma proprio perché la storia non è deterministica, come Popper6 pensava erroneamente della concezione storica marxiana, occorre una spallata per aiutarne il crollo. E non basta una spallata che lascerebbe un vuoto essa va preparata per sostituire quel vuoto con una forma di vita economica, politica e sociale che deve essere perseguita e costruita giorno per giorno o, citando Marx, tornerebbe la solita merda.

Il problema è: i milioni di digital workers in che modo potrebbero prendere coscienza della propria condizione di servi giuridicamente liberi?



1 Oggi tra le fila di area cattolica del PD.

2 Ed ecco il motivo per cui il sistema popperiano non serve a nulla se non soltanto euristicamente. L’antitesi della democrazia non è soltanto la tirannide e il controllo formale delle regole democratiche (da stabilire quali) non garantisce la libertà da un sistema unico come quello del capitale.

3 Letteralmente lavoro-folla. E’ una sorta di lavoro a chiamata gestito da piattaforme Web e senza obblighi di contribuzione previdenziale

4 Devo soffermarmi su questo punto per chiarire alcuni concetti. Questa nota come anche alcune altre parti dello scritto può essere tralasciata da chi abbia già dimestichezza con alcuni argomenti. La nota serve a chiarire la differenza dell’uso del termine “sfruttamento” in senso generico e comune compresa l’idea di sfruttamento riprovevole da un punto di vista morale, come potrebbe essere il giudizio dal punto di vista della chiesa cristiana. E’ questo che intende per esempio il Papa quando parla di sfruttamento del lavoro: si pensi ai lavoratori anche bambini ridotti in semi schiavitù costretti a lavorare nelle miniere di Coltan. Quel che si intende comunemente e che intende l’ottica della chiesa è una denuncia morale per le misere condizioni di vita e la sofferenza che ne derivano da parte di chi subisce lo sfruttamento personale. Ma al di là del giudizio morale lo “sfruttamento” ha un significato ben diverso. Se si ottenessero condizioni dignitose e il lavoro fosse pagato altrettanto dignitosamente avremmo la risoluzione del problema, come se il concetto di sfruttamento fosse del tutto contingente a quel singolo caso. In realtà le industrie internazionali che si servono delle materie estratte dal Coltan continuerebbero a sfruttare quei lavoratori pur essendo ipoteticamente pagati il giusto secondo il libero mercato. Lo sfruttamento connaturale alla produzione capitalistica risiede non nello sfruttamento (pur in quel caso deprecabile) di ogni individuo per le condizioni economiche e sociali in cui vive, ma per la quota di ricchezza di cui si appropria attraverso il plusvalore. Non sono sufficienti contratti definiti giusti per impedire al capitale di appropriarsi di quella quota di ricchezza. L’idea che siano sufficienti salari equi (in base a cosa?) altera il concetto di sfruttamento della concezione marxiana e lascia il tempo che trova. Da qualunque parte ci si volti torneremmo sempre al famigerato “capitalismo dal volto umano”.

Consiglio la lettura di questo breve intervento che, benché per motivi diversi (in tal caso l’RdB), chiarisce la logica da applicare alla problematica: https://aisberg.unibg.it/retrieve/handle/10446/116222/232913/Etica%20%26%20Politica.pdf

5 Non a caso Il capitale nel XXI secolo di Thomas Picketty è divenuto un bestsellers. Il libro (quasi illeggibile) di Picketty può essere considerato una summa di molti dati, ma l’autore non è certo il primo o l’unico ad aver portato all’attenzione internazionale l’argomento delle disuguaglianze. Il problema è stato affrontato da diversi autori tra i quali anche il citato Branko Milanovic.

6 Tra le tante opere di Karl Popper si veda ad esempio - La società aperta e i suoi nemici.

 


 

 

mercoledì 9 marzo 2022

America

 

Ho scritto qui

https://umanitapolitica.blogspot.com/2022/02/eurialo-niso-limbecillita-viviamo-in.html

che l’intelligenza e l’antifascismo non devono passare di moda.

Coerentemente con quella dichiarazione vado un po’ indietro nel tempo per proporre l’ascolto di un'altra canzone. Intelligente è chiaro.

https://www.youtube.com/watch?v=AZXScn744qQ&t=1s

Marylin, album da cui è tratta questa canzone, risale al lontano ’77. Un lavoro pregevole sia sul piano musicale sia nei contenuti. Folk rock all’italiana, di quello migliore, senza sbrodolature commerciali pur nella sua leggerezza stilistica.

Un gruppo che già dall’esordio, l’anno precedente con Dietro le sbarre, dimostrano una maturità artistica di tutto rispetto. Se consideriamo il progetto artistico che univa musica, teatro e l’impegno sociale dei contenuti, non ricordo altri gruppi che reggano il confronto. La canzone forse più appassionante dell’album è senza dubbio Marylin. Ballata nostalgica che riesce ad evocare languide immagini retrò, ma senza romanticherie, esaltate dalla forza della delazione di un sistema che annienta l’”umanità” nel suo ridurre tutto a merce.

America, però, mi pare la canzone dal testo più importante. Acute descrizioni di un epoca attraversata di miti e immagini mai più riprodotte nei decenni successivi. Qui il nostro gruppo riesce a creare un quadro che ancora oggi è in grado di suscitare distintamente il sentimento di quegli anni.

Rilevante il verso: l’America ha fatto anche la rivoluzione per far pagare meno caro il tè a un padrone.

Devo specificare che è la guerra di Indipendenza degli Stati Uniti per affrancarsi dal colonialismo Inglese?

Che poi, insomma, tutto sommato fino a quel momento le colonie stavano in piedi proprio grazie agli affari commerciali ed economici con l’imperialismo inglese.

Ma ovviamente i cattivi erano gli inglesi che avevano la pretesa di imporre il proprio potere a quelle colonie. Soltanto che quando il grande impero americano ha iniziato a imporre la propria egemonia e il proprio potere nelle sue colonie (tanto per citarne una: l’Italia) nessuno deve opporsi e fare guerre di indipendenza perché anche in quel caso i cattivi sono gli altri.

E poi i “Ricchi”, divertente, scanzonata, quasi disimpegnata (ma non del tutto) offre squarci del panorama del decennio sessanta-settanta come fosse una carrellata: Unione Sovietica, carosello, cortei postsessantottini e clima di contestazione. La seconda parte con un cambio di registro trasforma l’andamento della ballata popolare iniziale in una sorta di corale dalla cadenza ardita che pare portare direttamente dentro a una manifestazione di piazza come ce n’erano tante in quegli anni. Un confronto con l’attualità permette di capire quanto le cose siano addirittura peggiorate.

I ricchi sono sempre più ricchi e i crimini perpetrati dalle borghesie ricche raggiungono livelli di barbarie ancor peggiori.

Consiglio di cercare su youtube l’album e ascoltarlo per intero.

Per pura curiosità, alcuni eventi tratti da Wikipedia alla voce 1977: 

terminano ufficialmente le trasmissioni di Carosello e la RAI passa al tipo di spot pubblicitari attuali; hanno inizio le trasmissioni televisive a colori della RAI, con un ritardo di una decina d'anni rispetto agli altri paesi (manco a dirlo);

la Corte costituzionale accoglie il ricorso del giudice Luciano Violante contro il segreto di stato posto dal governo Moro sul Golpe bianco di Edgardo Sogno;

con un decreto legge vengono abrogate le festività dell'Epifania, San Giuseppe (19 marzo), l'Ascensione, il Corpus Domini, i Santi Pietro e Paolo (29 giugno), nonché la Festa Nazionale del 2 giugno e la festa del 4 novembre. È il risultato della politica di austerity del governo italiano adottata nell'autunno 1976;

Bologna: durissimi scontri tra studenti e forze dell'ordine nella zona universitaria. Il militante di Lotta Continua Francesco Lorusso muore colpito da un proiettile sparato dalla polizia (vi ricorda qualcosa? Non so per esempio Carlo Giuliani). I manifestanti erigono barricate e la città resta in stato d'assedio per tre giorni, finché il ministro dell'Interno Francesco Cossiga invia in città i carri armati;

la seconda rete RAI trasmette in televisione Mistero buffo di Dario Fo: lo spettacolo riceve la condanna del Vaticano e una denuncia per vilipendio della religione. Santa Sede e DC chiedono invano la sospensione delle 8 puntate;

E fin qua siamo solo a marzo!

 


 

martedì 8 marzo 2022

"Restiamo umani"?

 

Credo sia di dominio pubblico, anche se attualmente in fase di invecchiamento, quella sorta di “enunciato performativo” o locuzione (non so quale definizione sia più esatta) a lui attribuita  divenuta celebre dopo la morte di Vittorio Arrigoni: «Restiamo umani».

Approvo personalmente l’attivismo politico e sociale di questo giovane ignominiosamente ucciso da terroristi islamici di matrice salafita.

Penso che Vittorio Arrigoni sia stato e dovrebbe essere un esempio, ancor più oggi in cui le cose vanno molto peggio di allora in tutti i sensi. Non ultimo il fatto che di antagonismo all’orizzonte non se ne vede. Prevale un allineamento non solo insulso, che sarebbe un complimento, ma proprio becero a dir poco.

Eppure quel «Restiamo umani» non mi convince e addirittura ne dissento.

La questione è che proprio perché siamo umani siamo capaci di calpestare il rispetto della vita, la tolleranza per le diversità e trascendiamo i limiti dell’accettabile scivolando nella bestialità consapevolmente e a volte, ma non sempre, anche senza rendercene conto.

Questo è l’”uomo”.

Capace di precipitare nell’abisso della più profonda brutalità o di innalzarsi nei più alti cieli dell’amore per il prossimo o nei più alti gradi di ciò che umanamente chiamiamo giustizia.

«Restiamo umani» come affermazione non basta. Occorre definire il senso di quale tipo o in quale modo siamo umani.

Occorrerebbe, forse, dire: «Restiamo umani che si rispettano, cooperano e si amano.».

Il problema è che questo modo di essere “umani” si apprende e per apprenderlo occorrono le condizioni e non è ancora sufficiente. Ogni tanto si dovrebbe ricordare a chi l’ha dimenticato cosa significa degenerare nell’altro modo di essere “umani”.

Ci si ricorda della propria bestialità soltanto quando ad esserlo sono gli altri. La “nostra” bestialità la rimuoviamo, soffriamo di agnosia e nel peggiore dei casi (quando fa comodo e la strategia lo richiede) facciamo finta che gli unici ad essere bestiali siano gli altri. Mi rendo conto che sembrano esserci contraddizioni, ma sono solo apparenti. Ciò che intendo dire è che capiamo la brutalità dell’essere umano, soltanto che giochiamo il gioco del riconoscerla solo all’altro fuori da noi.

I coloni negli ancora non esistenti Stati Uniti hanno perpetrato eccidi sistematici delle popolazioni che vivevano in quei territori. Prima ancora i conquistatori, leggesi invasori, delle americhe.

Tutti dal primo all’ultimo convinti di esportare civiltà o democrazia. Anche a distanza di secoli o soltanto decenni (il colonialismo del novecento è ancora un’ombra oscura alle nostre spalle) la bestialità è soltanto quella degli altri. E difatti in altre forme esportare civiltà e democrazia anche oggi ripercorre le stesse logiche e le stesse strategie: rimpiazzare la presunta inciviltà e bestialità degli altri con la propria. I milioni di morti hanno poca importanza perché la bestialità è quella degli altri.

Siccome è una realtà molto distante da noi nel tempo e nello spazio (ma non tanto in fin dei conti) chi dovrebbe saperlo fa finta di non sapere che le borghesie occidentali seguite e ruota dal potere ecclesiastico hanno cercato di assoggettare la Cina per controllarne l’economia e appropriarsi di quei territori. Affaroni che tra oppio, commerci e risorse avrebbe arricchito tutto l’occidente.

Questi tentativi di smembramento e di conquista dell’impero cinese nell’ottocento hanno prodotto milioni di morti. Ma ovviamente la bestialità era solo nel decadente impero cinese.

Qualcuno inorridisce nel vedere nel grande freak show televisivo (direi anche massmediatico) l’invasione di Putin dell’Ucraina. Ma, di nuovo, ovviamente la bestialità è quella degli altri.

Si portano all’evidenza le bestialità degli altri (il Web è pieno di queste informazioni). Federico Rampini espone come un trofeo, come la testa mozzata di Saddam Hussein) le oppressioni sanguinose di Stalin e Mao, ma  non ci sono operazioni contabili sul numero delle vittime perpetrate dall’anticomunismo. 

Tra queste andrebbero ascritte, tra l'altro, le vittime (cittadini inermi) cadute sotto le democratiche cannonate di Bava Beccaris. Ma il numero non ha dignità di menzione essendo molto esiguo, no?

Come?

Portella della Ginestra? Ma sì non vale la pena parlarne l'esecutore era un criminale gli americani e il governo italiano non c'entrano niente.

Perché ovviamente la bestialità è solo quella degli altri.

Potrei proseguire così anche con una certa dovizia di particolari per molto tempo.

Credo, però, che possa essere sufficiente per tornare al punto da cui ero partito.

«Restiamo umani».

Beh...se restiamo umani in questo modo le cose non credo vadano e di certo non andranno molto bene.

Forse è il tempo di cambiare quell’"essere" umani?

giovedì 3 marzo 2022

Perché Putin ha invaso l’Ucraina?

 

Non è difficile immaginare il senso del titolo, ma vado a spiegarlo con parole mie.

Avrei potuto scrivere “la Russia”, come si legge praticamente in tutti i media, ma non l’ho scritto. Avrà un senso?

Sì ce l’ha.

Se dico Russia penso a questo paese come un tutt’uno. Come se “Russia” rappresentasse tutta la popolazione russa, si potrebbe dire che è un luogo comune. Difficilmente si fa distinzione tra Russia intesa come istituzione (o persona giuridica) e Russia in quanto popolazione con tutte le sue differenze.

Nessuno dice, tanto per portare un esempio, che nelle piazze russe a protestare contro la guerra ci sono comunisti e filo comunisti nel caso qualcuno credesse in un sostegno da parte di vecchi e nuovi marxisti.

E come portare in Tv certi discorsi? E’ possibile?

Cito da questo scritto per far intendere in quali condizioni versa l’informazione mainstram sui media generalisti:


Il presentatore si serve del tempo, dell'urgenza, dell'orologio, per togliere la parola, per incalzare, per interrompere. E qui, come tutti gli altri colleghi, ha un'altra risorsa, quella di farsi portavoce del pubblico: "Scusi se la interrompo, ma non capisco cosa intenda dire". Con questo non vuoi far capire che è stupido, lascia soltanto intendere che lo spettatore di base, stupido per definizione, non capirà. Quindi si fa portavoce degli "imbecilli" per interrompere un discorso intelligente. In realtà, come ho potuto verificare, le persone cui si richiama per svolgere il proprio ruolo di censore sono spesso quelle più esasperate dalle interruzioni.

[Tratto da https://www.studocu.com/it/document/universita-di-bologna/storia-del-giornalismo/sulla-televisione-bourdieu/16172821]

Per inciso: lo scritto risale al 1997, ma la situazione credo non sia migliorata, al contrario con l’invasione delle Tv private in modo sempre più preponderante (non parliamo poi dell’Italia con il potere mediatico berlusconiano) forse è ancora peggiore. Ma questo fa parte di un altro discorso.1

Si può affermare, inoltre, senza tema di smentita che anche all’interno dell’istituzione statale russa non tutti i possibili decisori politici e/o i poteri in grado di determinare la scelta di invadere l’Ucraina fossero d’accordo. E già messa in questo modo è possibile intuire che in realtà le cose non sono così semplici.

Ecco perché sarebbe meglio dire che Putin ha deciso di invadere l’Ucraina. Ma anche in questo caso non è semplice come sembra.

Putin è stato sostenuto dall’oligarchia senza la quale non avrebbe potuto decidere un bel niente.

Diciamo che un buon numero di oligarchi ha supportato e assecondato la decisione.

Facciamo un inciso: quando si parla di oligarchi si parla di “capitale” cioè coloro che detengono il potere economico. In sostanza quello che chiamiamo capitalismo.

Allora le cose iniziano a prendere una certa forma ben diversa dai raccontini faziosi di molta parte dei media.

E dalla parte opposta del capitale russo (imperialista) chi c’è? La giustizia divina o un altro capitale (imperialista) che oppone i propri interessi particolari (geostrategici)?

Personalmente propendo per la seconda ipotesi. La prima lascio agli illusi e mistificatori.

Lo scontro dunque è tra interessi contrastanti di due poteri. Buoni e cattivi non sono termini che si possano usare in questi casi. Ne ho accennato in: Massimo Polidoro, complottismo e pasticci evitabili.

Si veda:

https://umanitapolitica.blogspot.com/2022/02/massimo-polidoro-complottismo-e.html


D’altronde chi soffrirà l’effetto delle ritorsioni economiche (chiamate sanzioni) del capitale occidentale sarà proprio la popolazione russa. Effetti via via peggiori a scendere nella piramide sociale.

I poteri che si possono pensare buoni (come esiste nella testa di qualcuno) hanno lasciato che in Donbass dal 2014 morissero migliaia di persone. Le fonti da citare sarebbero molte, faccio solo un esempio:


https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/09/ucraina-la-guerra-dimenticata-del-donbass-violazioni-della-tregua-quintuplicate-in-un-anno-e-da-qui-che-puo-divampare-il-conflitto/6486659/


Dunque: posto che esistono interessi contrapposti tra due poteri economici quale senso ha l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin?

La risposta dovrebbe sorgere spontanea, ma, di nuovo, lo spiego con parole mie.

Il capitale russo ha bisogno di estendere il proprio potere non solo di difenderlo.

Il capitale occidentale ha bisogno di non perdere ciò che ha consolidato e possibilmente estenderlo attraverso la sfera di influenza della Nato. Che è semplicemente una condizione in essere.

Messa così è più facile capire ciò che sta succedendo o c’è bisogno di tanti altri commenti?

Ora, si potrebbe raccontare il conflitto in Donbass e cercarne spiegazione e motivi (cosa sensatissima), ma non aggiungerebbe quasi nulla alla logica di fondo.

Primo perché di certo Putin non è intervenuto per un afflato umanistico nei confronti delle popolazioni coinvolte e secondo perché pur avendo riconosciuto la richiesta di indipendenza di quei territori (Minsk II) non ha mai posto in essere azioni determinanti perché ciò avvenisse. Anche in questo caso il “perché” non ha una risposta così semplice e diretta.

L’ucraina e i complessi rapporti sociali ed economici che la percorrono da decenni sono sicuramente importanti, si veda ad esempio:


https://www.google.it/books/edition/Storia_dell_Ucraina/hNABEAAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&dq=donbas&pg=PT360&printsec=frontcover


https://www.google.it/books/edition/Il_tridente_e_la_svastica_L_occupazione/nabrBHqy0r0C?hl=it&gbpv=1&dq=donbas&pg=PA233&printsec=frontcover


ma anche in questo caso non chiarirebbero i motivi di intervento armato voluto da Putin e dagli oligarchi.

Le condizioni economiche, sociali e ideologiche possono dare conto della situazione interna attuale dell’Ucraina non spiegare la decisione di Putin. Mi resta difficile credere che l’escalation avvenuta prima del conflitto sia da imputare semplicemente alla mentalità e alla psicologia putiniana come molti “intellettuali” tendono a credere [o far credere all’opinione pubblica], come se la logica delle strategie geopolitiche fosse un corollario e non viceversa.

Escalation, d’altronde, avvenuta per un disinteresse calcolato dall’imperialismo americano, si veda: https://www.counterpunch.org/2022/03/01/some-economic-consequences-of-the-war-in-ukraine/

[Citato in https://www.resistenze.org/sito/os/dg/osdgmc21-025012.htm]

Il motivo per cui abbia scelto questo momento è una domanda diversa. Potrebbe avere una ragione nel generale indebolimento del capitale mondiale nel corso della pandemia. Prevedendo che la risposta da parte del capitale occidentale in un conflitto che richiederebbe enormi impegni sotto l’aspetto economico sarebbe stato più blando. Questa potrebbe essere una delle ragioni a favore dell’intervento. Ma nel concreto nessuna conosce a tutt’oggi il vero motivo, che d’altronde è evidentemente tanto complesso quanto lo è la situazione politica tra Russia e la regione interessata. E potrebbe darsi che non si saprà mai.

Se aggiungiamo il fatto che gli U.S.A. soffrono di qualche problemino interno anche di carattere sociale rafforza la motivazione.

In fin dei conti la condizione finanziaria Russa (oltre 800 miliardi valutati in dollari) non è messa così male come si potrebbe pensare.

Si veda al minuto 38:

https://www.youtube.com/watch?v=TL-N65ghqm0

Putin invade l'Ucraina - Mappa Mundi edizione speciale con Lucio Caracciolo


Il resto delle ragioni ognuno se le pensi come vuole, ma non si può prescindere da questi fatti.


1In Italia si assiste su questo tema ad una omologazione che tocca senza esagerazione la censura [particolarmente subdola] del pensiero non allineato alla versione dominante. Non meno di quanto accade in Russia pur senza repressione violenta. https://www.youtube.com/watch?v=X-w1hSYoQ1k

I buoni di qua e i cattivi di là è un tormentone quotidiano sui media televisivi tanto a destra quanto a sinistra. Ulteriore dimostrazione della vergognosa convergenza del potere politico. Qui subalterno, come sempre, ai poteri economici dell’imperialismo occidentale.

 


Foto di Elena Paquola



Alcune riflessioni sulla Storia

  Avvertenza. Questo articolo può essere considerato a tutti gli effetti una lunga nota a quello precedente https://umanitapolitica.blogsp...